STEP #5 - IL MITO
Ho scelto un antico mito che ancora oggi in alcune occasioni viene raccontato, legato al secondo castello della Volta di Barolo.
In quel tempo, all’inizio del XIV secolo, il castello era diventato la roccaforte dei Marchesi Falletti, una famiglia che vantava grandi ambizioni di espansione in quella zona selvaggia del Piemonte, costellata di ripide colline, fitti boschi, animali selvatici.
La Famiglia Falletti aveva da poco concluso un’aspra guerra contro Matteo Visconti e il fedele paese di Barolo aveva prestato a questa vittoria molte risorse e alcune delle sue giovani vite. La popolazione era giunta alla fine della guerra quasi stremata e meritava una ricompensa.
In un giorno afoso di luglio furono organizzati i festeggiamenti per la vittoria. Essi dovevano essere tali, per dimensioni e per sfarzo, da richiamare gente da tutti i paesi limitrofi e da rimanere a lungo nella memoria del luogo. La piazza del paese fu trasformata in un grande banchetto.
Contemporaneamente i Falletti organizzarono una festa al castello, più esclusiva ma non meno ambiziosa, alla quale fu invitata la nobiltà di tutta la regione. Questi nobili arrivavano dai paesi vicini, come Monforte o Cherasco, ma anche da Alba, da Saluzzo e perfino da Torino.
Questi ospiti arrivarono in così gran numero che non ci fu posto sufficiente dentro il castello e si dovette attrezzare una grande tavolata nell’ampio cortile del castello. Più di cento erano gli invitati, e almeno il doppio tra scudieri e servitori.
Dopo pochi minuti la grande calura umida della giornata estiva fu rotta dagli squarci infuocati dei lampi e dai tonfi sordi dei tuoni: un violento temporale si rovesciò su Barolo e sul suo castello, cogliendo tutti di sorpresa.
Ma il temporale fu così improvviso che prima di aver terminato l’opera, tutti si ritrovarono grondanti di pioggia. gli ospiti si assieparono nella sala da pranzo al pianterreno, ma non essendoci posto per tutti, si allestì una tavolata anche nella sala della guarnigione, al primo piano.
Dalla cucina arrivò una nuova bevanda – un’invenzione francese, si diceva – un vino cotto nelle spezie, che bevuto caldo, dava immediata ebbrezza e la festa riprese.
Il peso di tanta umanità fu tale che il modesto pavimento di legno non resse e sprofondò proprio al centro, con un gran tonfo nel quale si confusero i rumori delle travi spezzate e le urla dei malcapitati.
Il disastro fu incalcolabile: più di cento corpi crollarono gli uni sugli altri fra le macerie del pavimento, e le schegge del legno, schizzate nel camino si incendiarono immediatamente propagando un incendio.
Rimase in vita solamente un superstite che raccontò di come Dio avesse punito i peccatori schiacciandoli sotto il peso di una volta. Ed è grazie a lui che la leggenda è giunta fino a noi e che quel castello, più tardi ricostruito, porta ancora oggi quel nome funesto, Castello della Volta.
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